24 ottobre 2012

MEHWISH PARLA AL SOLE - THE GEOMETRY OF GOD

Uzma Aslam Khan non è un'autrice indiana ma pakistana. Mehwish parla al sole è la sua terza pubblicazione.
Il conflitto afgano-sovietico è in corso, il Pakistan è sotto la dittatura del generale Zia e il tentativo di imporre una cultura islamica integralista e il fondamentalismo religioso è in atto. In questo scenario crescono le sorelle Amal, bambina curiosa, fortunata osservatrice e futura paleontologa, e Mehwish, rimasta cieca quando ancora in fasce. Loro punto di riferimento è Zahoor, il nonno, uno studioso rigoroso, carismatico e convinto evoluzionista.
Il quarto protagonista del romanzo è Noman, giovane matematico, che, mentre collabora con il padre, un politico del Partito Islamico della Creazione, si avvicina a Zahoor, rimanendone affascinato. Si legherà a lui, ad Amal e a Mehwish.

L'AUTORE

Uzma Aslam Khan è nata a Lahore nel 1969, da piccolissima ha vissuto nelle Filippine, in Giappone e in Inghilterra, fino a quando la sua famiglia si è stabilita a Karachi.
Ha studiato letteratura comparata a New York ed ha ottenuto un MFA (Master in Fine Arts) alla University of Arizona di Tucson. Scrive in inglese.
Vive a Lahore con il marito, lo scrittore americano, David Maine.
Il suo romanzo d'esordio, The story of noble rot, non è ancora stato pubblicato in Italia. E' disponibile, però, Trasgressione, titolo originale Trespassing, del 2004.
Ecco il personale punto di vista dell'autrice a proposito degli emergenti scrittori pakistani o, più in generale,  musulmani, che si stanno imponendo sulla scena letteraria internazionale: "Per gli scrittori di origine musulmana maschi, i parametri non sono rigidi come per le donne. Sì, alcuni intrecciano storie su barbuti mullah, ma difficilmente tutti lo fanno. Al contrario, la lista di scrittrici donne musulmane conosciute, che non raccontino di casalinghe tiranneggiate e ragazze coperte dal burqa, è ridotta. Gli occidentali vogliono solo quell'immagine, poco altro." (*)

RECENSIONI

The Washingnton Times
Per tutta la complessa narrazione, Ms. Khan scrive con inesauribile intelligenza e magia linguistica. Dischiudendo agli occidentali  porte e finestre sul Pakistan e sulla sua cultura islamica.
Claire Hopley, 15.10.2009
L'articolo integrale.

Diana ****1/2
"Quello che mi affascina è come le prospettive individuali influenzino quelle collettive, come lo stesso evento sia interpretato diversamente da differenti occhi, qualche volta persino, con il passare del tempo, dagli stessi occhi, perché la memoria ha vari modi di riformare i ricordi. E' in questo processo che la struttura o la geometria del romanzo a cui sto lavorando emerge. Scrivere per me quasi un atto tridimensionale, fisico. Devo essere in grado di vedere la costruzione, la realizzo nel modo in cui io mi aspetterei di vedere una scultura o un edificio: da molti differenti angoli.
Questo è l'unico modo in cui spero di descrivere tutte le sfaccettature insieme."(*)
Così parla del suo lavoro Uzma Aslam Khan con particolare riferimento a Mehwish parla al sole (perché per l'edizione italiana non sia stato scelto un titolo più aderente all'originale rimane un mistero)
Il romanzo è narrato a più voci, quelle di Amal, Mehwish e Noman, dalle loro diverse prospettive. Punti di vista particolari che compongono il quadro generale. I singoli personaggi sono davvero affascinanti, originali, ognuno con determinate caratteristiche, ma credibili; l'architettura d'insieme è molto ben ideata e prende forma una pagina dopo l'altra. I temi del fondamentalismo religioso e della condizione delle donne sono presenti e determinanti ma non protagonisti. Il focus è sull'individuo, sulla storia. Lo stile di Uzma, inoltre, è una vera sorpresa. L'autrice scrive in modo personale, inedito e piuttosto raffinato. I suoi presupposti, le intenzioni sono molto intelligenti, stimolano il lato razionale del lettore che viene, nello stesso tempo, coinvolto emotivamente. Mehwish parla al sole è un'esperienza di appagamento raro.

Il bello:
- La paleontologia. Un argomento insolito per un  romanzo che non sia di divulgazione scientifica. Un tema che diventa insospettabilmente caldo ed apre a diverse interessantissime riflessioni.
- L'umorismo dissacrante dell'autrice. Come per esempio quando Noman descrive il severo padre:
"...Con l'aggiunta di un pizzico di paura. Aba è grosso e io sono piccolo. Quand'ero ancora più piccolo, mi picchiava sulle nocche con un righello. Molti padri fanno di peggio, ho udito di peggio stando sul tetto. Però ricordo il sibilo e la fitta alla mano destra quando l'avevo adoperata male nei compiti a scuola, oppure una volta la fitta alla sinistra, quando l'avevo adoperata troppo bene nel momento più torrido di un video che mostrava tre lesbiche poppute in una torrida vasca da bagno."
E come queste righe saltino fuori nei momenti più inaspettati e gravi, accostate ad osservazioni dense di significato o accostate alle cose non dette, ancora più dense.

Il brutto:
- Niente.

(*) L'intervista di Ziya Us Salam pubblicata da The Hiundu il 4 gennaio 2009 dacui sono tratte le frasi citate.

Il blog dell'autrice, molto carino e personale.

14 settembre 2012

UN PERFETTO EQUILIBRIO - A FINE BALANCE

Dina, rimasta vedova in giovane età, lotta per la sopravvivenza e per l'indipendenza da un fratello autoritario e ottuso. Ishvar e Om, zio e nipote, discendenti da una famiglia di ciabattini ma diventati dei sarti, lasciano la campagna spinti dalla violenza dello zamindar e dalla miseria. Maneck, nato in un incontaminato paese di montagna, è in città per prendere il diploma; i suoi genitori, infatti, piccoli commercianti, spaventati dai rapidi cambiamenti seguiti all'indipendenza, sperano per lui in futuro migliore garantito dall'istruzione. Le vite di tutti procedono sospese in perfetto equilibrio.

L'AUTORE


Rohinton Mistry nasce nel '52 a Mumbai, da una famiglia Parsi. Da ragazzo si interessa di musica e studia composizione ma poi si laurea in matematica ed economia allo St. Xavier's College di Mumbai.

Nel 1975 si sposa e si trasferisce in Canada per lavorare come impiegato alla Canadian Imperial Bank of Commerce. Tre anni dopo, decide di frequentare, insieme alla moglie, inglese e filosofia alla University of Toronto. E' in questo periodo che Mistry sviluppa un maggiore interesse verso la scrittura e dà alla luce diversi racconti che vengono pubblicati da alcune riviste letterarie. Due dei suoi componimenti vincono Hart House literary prize e sono inclusi nella sua prima raccolta (Tales from Firozsha Baag o Swimming Lessons and Other Stories from Firozsha Baag), del 1987.
Rohinton Mistry vive tuttora vicino a Toronto con la moglie Freny.
In Italia, oltre ad Un perfetto equilibrio, sono disponibili:
Firozsha Baag (1987), Un lungo viaggio - Such a Long Journey (1991), Questioni di famiglia - Family Matters (2002).
Per il suo lavoro Mistry ha conseguito diversi premi tra cui il più prestigioso è senza dubbio il Neustadt International Prize for Literature di cui è stato insignito proprio quest'anno.

RECENSIONI

The New York Times

Terminato il libro, sono tornata a riflettere sul titolo, Un perfetto equilibrio, perché il senso di sbilanciamento,  la disperazione che travalica la speranza,  i danni morali subiti che superano la possibilità di riscatto, era forte. Forse questa percezione di residuo squilibrio è dovuto al conflitto di Mistry tra le intenzioni politiche e quelle letterarie. Certamente l'atto d'accusa rivolto al regime del ex primo ministro Sonia Gandhi non potrebbe essere più chiaro e tagliente. 
A. G. Mojtabai, 23.06.1996
La recensione integrale.

Diana ***
In Un perfetto equilibrio la carne al fuoco è parecchia. Coesistono il tema delle comunità Parsi e quello della convivenza tra hindu e musulmani. Ma anche la divisione in caste, la vita nelle campagne, gli slum, la condizione dei mendicanti. Persino un accenno alla globalizzazione e ad un certo tipo di sviluppo economico che snatura le realtà locali. E al di sopra di tutto: l'Emergenza. Proclamato da Indira Gandhi nel 1975, lo stato di emergenza nazionale permise al governo di mettere in atto misure straordinarie. Per gli oppositori quella del primo ministro fu una mossa per eludere i problemi giudiziari e per instaurare un regime di sospensione della libertà e della democrazia. Per i suoi sostenitori invece si trattò di una necessità per ristabilire l'ordine e ritrovare il benessere sociale.
Mistry si schiera decisamente tra i primi. E' convinto e convincente. Racconta di prelievi forzati per rimpinguare le file del pubblico ai comizi promozionali del primo  ministro. O peggio, di rastrellamenti notturni tra i senzatetto alla ricerca di manodopera gratuita. Di incarcerazioni ingiuste e di censura implacabile.  Dipinge un quadro che inquieta e che trova il suo picco nella descrizione della così detta politica di controllo delle nascite, secondo la quale la popolazione veniva incentivata a sottoporsi alla sterilizzazione e, in alcuni casi, persino costretta. Una sopraffazione agghiacciante subita soprattutto dai più poveri e deboli.
Seppur i temi toccati siano interessanti  e siano veri e propri protagonisti accanto ai drammi personali dei quattro personaggi principali, e nonostante il punto di vista dell'autore sia chiaro e deciso, nel complesso l'insieme è davvero un po' troppo. L'equilibrio è tutt'altro che perfetto.
Senza contare che alla prosa di Mistry manca, per esempio, la profondità emotiva dei romanzi di Thrity Umrigar o l'ironia e la maestria di Vikram Seth, capace di portare il lettore a spasso per più di 1500 pagine senza perderlo mai. O il talento di Salman Rushdie, indisciplinato ed arrogante, che molesta i lettori  fino ad ipnotizzarli.
Per chi si accontenta.

Il bello:
- L'inizio coinvolgente e la scorrevolezza della narrazione.
- Amitabh Bachchan viene citato ben tre volte.
- Il giro in bicicletta di Om e Ishvar: "A un cenno di Om, Ishvar salì sul portapacchi. Si sedette di lato, le gambe in fuori con i piedi a pochi centimetri da terra, i sandali che ogni tanto sfioravano la strada, e a quel punto partirono. L'ottimismo di Om si manifestava nelle cascate di drin-drin che sgorgavano dal campanello. Per un po' il mondo fu perfetto."

Il brutto:
- I protagonisti sono vessati da una serie di accadimenti tragici che si susseguono uno dopo l'altro. Tutto va storto e anche peggio. Al di là della discutibile verosimiglianza dei fatti narrati (ogni cosa accade sempre proprio ai quattro protagonisti di Mistry?), il problema è che il pessimismo di fondo del romanzo, che trova il suo culmine nel finale, non sembra sincero.
- Rohinton Mistry ha vissuto più a lungo in Canada che in India, da cui si è trasferito ben trentasette anni fa. Procedendo con la lettura, in effetti, si insinua sempre con maggiore intensità la sensazione che il racconto sia stato scritto "dall'esterno".

25 giugno 2012

L'INSEGNANTE DI INGLESE



Scritto nel 1945 da uno dei più celebri autori del subcontinente, R.K. Narayan, L'insegnante di inglese di sicuro affascina coloro che amano l'India classica e mistica. È un libro in larga parte di equilibrata pacatezza, e anzi pacato sembra l'aggettivo migliore per qualificarlo. Lo stile è pacato, piacevole, un po' datato. La storia è pacata. I personaggi sono pacati, così come le loro emozioni e i loro sentimenti. Il dolore è pacato. Pacata è la felicità. Pacato l'umorismo. La saggezza orientale sposa la compostezza anglosassone. I colori e i sapori dell'India, per quanto onnipresenti, rimangono relegati sullo sfondo.

L'insegnante di inglese è un romanzo di formazione con protagonista un giovane uomo insoddisfatto che, a seguito di un lutto, intraprende suo malgrado un cammino di crescita interiore. Personalmente non apprezzo molto, qui come altrove, la piega mistico-soprannaturale che ad un certo punto prende corpo nella vicenda, ma, in confronto ad esempio ad Un uomo migliore, ne L'insegnante di inglese questo aspetto è meno goffo, e il presupposto che lo scatena è più robusto. In effetti sono molti i parallelismi con Un uomo migliore: l'ambientazione nel sud del Paese, l'amicizia maschile, la formazione da adulto del protagonista, un vago senso di solitudine, la figura dell'eccentrico. Difficile decretare il migliore fra i due. L'opera di Anita Nair è più incantatrice, più vivace anche se meno solida. L'insegnante di inglese è più classico nel senso ampio del termine e più convincente. Si legge con minor gusto - a tratti suona leggermente petulante -, ma alcune pagine sono magnifiche (ad esempio il quarto capitolo, dedicato alla morte di Susila).

Significativo il tema del recupero della propria identità culturale, e significativo il modo in cui viene trattato: nessun rifiuto dogmatico e pregiudizievole nei confronti del modello britannico imperante, verso il quale l'autore nutre grande rispetto (anche se punteggiato qua è là da bonario umorismo), bensì condanna del volontario e consenziente allontanamento dalla tradizione indiana. Da qui l'insoddisfazione, prima solo professionale e poi personale, di Krishna. L'evento catartico scatenante è il decesso della moglie. In seguito, l'amicizia con lo stravagante maestro di scuola e la spontaneità infantile di Leela forniranno all'uomo la consapevolezza e gli strumenti per gestire la decisione che cambierà la sua vita per sempre. È interessante, soprattutto alla luce delle sue vicende personali, ciò che l'autore ha, volutamente o no, sottinteso: l'amore per la moglie e la felicità della tranquilla vita coniugale non avrebbero consentito a Krishna lo strappo e l'affermazione di sé. La solitudine, pur nel devastante dolore che l'accompagna, gli ha offerto la libertà di vivere senza ipocrisie.

TRAMA

Krishna è un insegnante di letteratura inglese. Vive nelle strutture di un college, lontano dalla moglie Susila e dalla figlia Leela. I giorni scorrono tutti uguali, fra lezioni poco eccitanti, bizzarri scambi di idee col preside britannico, chiacchiere con i colleghi. Susila decide di trasferirsi dal marito, e Krishna si lascia catturare da una pacata agitazione. La priorità ora è cercare un appartamento nel quale accogliere la famiglia.

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE

* Lo scambio di battute fra padre e figlia: dialoghi deliziosi, intrisi di reciproco infinito amore.

RECENSIONI

La Repubblica:
'È l'India profonda e cadenzata da regole "altre" quella che con R.K. Narayan (...) riusciamo a vivere, a intuire: e il passo, la pace infusa nei suoi romanzi è sempre speciale, anche se a volte ne sentiamo tutta l'estraneità. Questa calma ci avvolge anche quando il tema è doloroso come quello de L'insegnante di inglese, il romanzo da poco uscito con Guanda (...). Un soggetto doloroso a maggior ragione perché completamente autobiografico: la morte della moglie Rajam - che qui viene chiamata Susila -, scomparsa inaccettabile, sostenibile solo ricorrendo a un contatto col suo spirito, prima attraverso un medium, poi, abbandonati tanti legami terreni, con le proprie forze. Non è un volo mistico quello di Narayan, non sarebbe nello stile dell'autore anglo-indiano che ci ha così spesso accompagnato nelle scene di ogni giorno del piccolo villaggio immaginario Malgudi, ma la risoluzione di una crisi di identità del protagonista'.
Susanna Nirenstein, 24.03.06

Cinema Hindi: ***
Punto di forza: la tenerissima relazione padre-figlia.
Punto debole: la sfumatura forse un po' datata che sembra pervadere tutto il libro.

SCHEDA DEL ROMANZO

Personaggi:

* Krishna - insegnante di inglese
* Susila - la moglie di Krishna
* Leela - la figlioletta di Krishna e di Susila
* il maestro di scuola

Autore: R.K. Narayan (1906-2001, Chennai). Diverse sue opere sono state tradotte in italiano, fra cui Il pittore di insegneUna tigre per Malgudi.
Anno: 1945
Titolo originale: The English teacher

CURIOSITÀ

* L'insegnante di inglese è largamente autobiografico. Rajam, la moglie di Narayan, morì di tifo nel 1939. La figlioletta Hema aveva allora tre anni. L'opera è dedicata a Rajam.
* Indian Thought Publications è la casa editrice fondata nel 1942 da Narayan, tuttora attiva, gestita dalla nipote.
* Il noto film Guide (1965, con Dev Anand e Waheeda Rehman) è tratto da The guide (1958) di Narayan. Le edizioni italiane: La grande frode (Frassinelli, 1959; Adelphi, 1972) e Raju della ferrovia (Zanzibar, 1994).

29 maggio 2012

L'ORA DEL TRAMONTO



I punti in comune fra L'ora del tramonto e Bombay time - il magnifico esordio di Thrity Umrigar - sono numerosi: l'ambientazione mumbaita, la comunità parsi (anche se la protagonista principale, Bhima, è hindu), l'infelicità che marchia con sfumature diverse tutti i personaggi, la scarsità di dialoghi, la rilevanza maggiore del passato rispetto al presente, l'attenzione per le relazioni personali. Thrity conferma le sue eccezionali doti di narratrice, l'accuratezza nello stile, la profondità dell'introspezione psicologica.
Passato, infelicità, relazioni: il fulcro delle due opere, entrambe coinvolgenti ed emozionanti. Anche L'ora del tramonto è un romanzo di relazioni, che però non sprigionano calore umano, e non sconfinano mai in vera amicizia o in vero amore. Lo space del titolo originale inglese impedisce ai rapporti di perfezionarsi. Le vite dei personaggi seguono percorsi paralleli, rispettando una costante, asettica distanza l'una dall'altra. La relazione più sfaccettata è quella condivisa da Sera e dal marito Feroz: il legame feroce e angoscioso che si crea, indissolubile, fra la vittima e il suo aguzzino.

Bombay time è quasi un capolavoro. L'ora del tramonto è un'opera superiore alla media e consigliabile, ma difetta in misura. L'infelicità è onnipresente, distribuita dall'autrice in dosi (o con modalità) forse eccessive. Si avverte la simpatia che Thrity nutre nei confronti delle figure femminili, stoiche e generose. Le maschili, al contrario, sono bipolari, brutali e ciniche. In particolare sembra stridere l'artificiosa metamorfosi imposta di punto in bianco al solare Viraf. La comprensione della scrittrice si spegne dinanzi ai personaggi negativi, identificati unicamente dalle ferite inferte e mai da quelle subite. L'ora del tramonto è duro, doloroso, ma non imparziale, e il suo crudo realismo scivola talvolta nella maniera.
Soprattutto manca quel senso di incantata nostalgia che addolcisce l'amarezza in Bombay time e ne nobilita le rare smagliature melodrammatiche. E per quanto Bhima sia uno splendido ritratto di donna, manca una figura riuscita a 360 gradi come quella di Rusi Bilimoria che illumina, da sola, le pagine del romanzo d'esordio. Ne L'ora del tramonto l'affondo nel lettore è meno immediato e meno intenso. La narrazione meno confidenziale.

TRAMA

Bhima è la collaboratrice familiare di Sera, l'elegante vedova dell'autoritario Feroz. Bhima vive in una baracca con la giovane nipote Maya. La ragazza studia grazie alla generosità di Sera, ma è costretta ad abbandonare la scuola a causa di una gravidanza indesiderata. I sogni e il futuro di Bhima crollano. Ma chi è il padre del bambino? L'esile trama viene irrobustita dalla narrazione del passato delle due donne e del rapporto condiviso con i rispettivi mariti. Un passato col quale Bhima e Sera continuano a fare i conti. Un passato invadente, che ha iniettato nelle loro vite una dose letale di infelicità, e che adombra la relativa serenità del presente.

RECENSIONI

Hindustan Times:
'Intenso e avvincente, evocativo e indimenticabile, L'ora del tramonto è l'intimo ritratto di un mondo distante ma familiare. Ambientato nell'India di oggi e imperniato sulle figure convincenti di due donne dolorosamente reali, il romanzo mostra come le vite delle persone appartenenti ad ogni classe sociale, per quanto estranee fra loro, siano collegate in modo intrinseco, e cattura vividamente i legami femminili che nascono a dispetto delle differenze di censo e di cultura'.
(Autore non indicato), 01.02.06

Cinema Hindi: *** ½
Punto di forza: l'abilità di narrare con grande naturalezza e di sondare l'animo umano, unita ad uno stile raffinato.
Punto debole: la parzialità nei confronti dei personaggi, l'assenza a sprazzi di misura.

SCHEDA DEL ROMANZO

Personaggi:

* Bhima
* Sera
* Maya - la nipote di Bhima
* Feroz - il marito di Sera
* Gopal - il marito di Bhima
* Dinaz - la figlia di Sera
* Viraf - il marito di Dinaz

Autore: Thrity Umrigar (nata a Mumbai, vive negli Stati Uniti). Altre opere: Bombay time e Il prezzo del paradiso.
Anno: 2005
Titolo originale: The space between us

RASSEGNA STAMPA/VIDEO

* Intervista video concessa da Thrity Umrigar ad Author

CURIOSITÀ

* Riferimenti al cinema indiano: Sanjay Dutt
* Riferimenti all'Italia: Fiat
* Romanzi e film che trattano lo stesso tema: la comunità parsi è la protagonista dei romanzi Bombay time, Firozsha Baag di Rohinton Mistry, Il talento dei parsi di Bapsi Sidhwa, e della pellicola Little Zizou. Il romanzo Il buio non nasconde paure e il film Heaven on earth trattano di violenza domestica.

31 marzo 2012

IL DIO DELLE PICCOLE COSE - THE GOD OF SMALL THINGS

Estha e Rahel, fratelli gemelli di sette anni, vivono a casa della nonna, a Ayemenem, nel Kerala, con la madre divorziata, Ammu, lo zio di ritorno da Oxford, Chacko, e la prozia nubile, Baby Kochamma. Una bella giornata di dicembre del '69, tutti insieme viaggiano in direzione dell'aeroporto di Cochin per andare a prendere Margaret, ex moglie di Chacko, e la sua bambina Sophie Moll, in visita per le vacanze di Natale.
L'arrivo della piccola Sophie si inserisce in una serie di eventi che cambierà il destino dei gemelli e la vita di tutta la famiglia.

L'AUTORE

Arundhati Roy è nata nel 1961 a Shillong. Sua madre è del Kerala, così Arundhati passa parte dell'infanzia ad Ayemenem e frequenta la scuola di Kottayam. Ancora giovanissima si trasferisce a Delhi e studia architettura.
Nel 1984 scrive la sceneggiatura di In Which Annie Gives it Those Ones, film per la tv in cui compare fuggevolmente un giovane Shahrukh Khan.
Nel 1992 comincia a lavorare a Il dio delle piccole cose, suo primo e unico romanzo.
Quando viene pubblicato, Il dio delle piccole cose è un successo mondiale, venduto in ventuno paesi, e vincitore del Booker Prize del 1997.
Arundhati Roy continua a scrivere ma si dedica al giornalismo politico e alla pubblicazione di saggi e raccolte. Diventa un'attivista, sostenitrice dei movimenti antiglobalizzazione e antinucleare. Assume posizioni molto nette sia sul fronte nazionale che internazionale, che espone con lucidità, forza e passione e che le sono costate diverse critiche e controversie.
In Italia è possibile trovare:
Quando arrivano le cavallette, raccolta di saggi che affrontano tematiche di attualità della scena politica indiana.
La strana storia dell'assalto al parlamento indiano, la cronaca dell'attacco al parlamento indiano del 2001.
L'impero e il vuoto. Conversazioni con David Barsamian.
La speranza, nel frattempo. Una conversazioni tra Arundhati Roy, John Berger e Maria Nadotti.
Guida all'impero per la gente comune, raccolta di scritti a proposito dei rapporti tra India e Pakistan.
Ahisma: scritti su impero e guerra, antologia di testi il cui tema centrale è la guerra, in Afghanistan e in Iraq.
Guerra è pace, un testo contro la globalizzazione.
La fine delle illusioni, la bomba atomica in India.
In marcia con i ribelli, l'espansione delle multinazionali nel territorio indiano vista dalla parte degli adivasi.
Due interviste all'autrice de Il dio delle piccole cose: www.harpercollins.com e www.parieuguali.it

RECENSIONI

La Repubblica
Sarebbe una vera ingiustizia nei confronti dei potenziali lettori raccontare anche solo in parte la trama del romanzo. Oltre che di due o tre grandi snodi drammatici, che, a un lettore attento, sono annunciati e insinuati come un sospetto fin da pagina quattro, Il dio delle piccole cose è fatto soprattutto della sua complessa e barocca scrittura che gioca continuamente con la lingua e le parole, di una struttura fatta di flash back che si intrecciano e si inseguono, del suo stile favolistico, e dei suoi personaggi.
Irene Bignardi,  08.04.2003
L'articolo integrale.

Diana *****
Il dio delle piccole cose  è sicuramente uno dei libri più belli del '900, entra di diritto nella categoria dei classici, eterni ed universali, e nella lista dei must read. C'è una storia, uno stile e un'idea, un punto di vista, un giudizio.
La storia è tragica, straziante, perfetta. Racconta di tre bambini, una con una fontana stretta in una love in tokyo, un altro con le scarpe a punta e la terza, la cugina, Amata Fin Dal Primo Istante. Di un uomo con una voglia marrone chiaro sulla schiena, a forma di foglia appuntita. Una foglia autunnale di notte. E di un umido dicembre, durante il quale piccoli già prematuramente e duramente consapevoli sono costretti a confrontarsi con le mancanze degli adulti e le ingiustizie e le brutalità da loro commesse.
Lo stile di Arundhati è molto particolare. L'autrice ha dichiarato di aver costruito il suo romanzo come un edificio, di averlo pensato in termini architettonici. Quello che colpisce, però, non è tanto la struttura o la narrazione, tra presente e flashback, quanto proprio il suo modo di scrivere, fatto di odori e impressioni. Le ambientazioni, i personaggi, gli accadimenti, sono sentiti, più che descritti, con una straordinaria quanto unica capacità di immaginazione ed evocazione.
Poi c'è il giudizio. Il punto di vista dell'autore con il quale si può dissentire ma che non deve mai mancare. Arundhati non si nasconde. La condanna c'è ed è senza appello. Il mondo descritto è dominato dall'amore ma anche dal bisogno, dalla paura, dalla disperazione, dall'ignoranza e dalla meschinità. La Roy è dura, anche con i suoi lettori a cui non lascia consolazioni, eppure arrivati all'ultima pagina si è grati.

Il bello:
- La poesia.
"Le Grandi Storie sono quelle che abbiamo già sentito e che vogliamo sentire di nuovo. Quelle in cui possiamo entrare da una parte qualunque e starci comodi. Non ci ingannano con l'imprevisto. Ci sono familiari come le case in cui abitiamo. Come l'odore della pelle del nostro amante. Sappiamo in anticipo come vanno a finire, eppure le seguiamo come se non lo sapessimo...Nelle Grandi Storie sappiamo chi sopravvive, chi muore, chi trova l'amore e chi no. E ciononostante vogliamo sentirle un'altra volta. In questo consiste il loro mistero e la loro magia."

- L'amore tra Estha e Rahel. Quello tra Velutha e Ammu. Il legame tra Estha, Rahel, Velutha e Ammu.

Il brutto:
Proprio niente.

29 febbraio 2012

IL BANCHIERE DEI POVERI - VERS UN MONDE SANS PAUVRETÉ

Il banchiere dei poveri può non essere considerato strettamente come un libro di letteratura indiana. L'autore è bengalese e ciò che racconta, come scritto superbamente nella prefazione di JC Lattès, "non è solo la storia di come la rivoluzione del microcredito si sia espansa, aiutando i poveri di cinquantatré paesi tra cui la Cina, il Sudafrica, la Francia, la Norvegia, il Canada e gli Stati Uniti, ad assumersi la responsabilità e il controllo della propria vita,...è una visione del mondo". 
Si tratta infatti di un saggio in cui il Premio Nobel per la pace Muhammad Yunus spiega che cosa ha portato alla nascita e allo sviluppo della banca Grameen e quali sono i principi che lo hanno guidato. 
La banca Grameen è un istituto di credito a tasso agevolato che concede piccoli prestiti. Si rivolge alle fasce più povere della popolazione, a quelle persone che non hanno la possibilità di esibire nessun tipo di garanzia e per le quali una somma anche esigua può rappresentare una possibilità di riscatto dalla miseria.
Un libro talmente bello e d'ispirazione che è stato impossibile trascurare.

L'AUTORE

Muhammad Yunus è nato a Chittagong nel 1940. Figlio di un orafo e cresciuto in una famiglia religiosa e rispettosa delle tradizioni ma culturalmente aperta, si laurea in Economia.
Diventa professore a Chittagong e subito si trasferisce negli Stati Uniti per una specializzazione. Dal 1969 al 1972 insegna alla Middle Tennessee State University. Nel '72 torna in Bangladesh ed assume la carica di direttore del dipartimento di Economia dell'Università di Chittagong: nelle aule spiega le eleganti formule che regolano i sistemi economici, per le strade vede i suoi conpaesani morire di fame. 
Casa per casa, si interessa alle motivazioni che non solo impediscono ai più poveri di risollevarsi dalla miseria, ma che li spingono nella disperazione più nera. Nasce il sistema del microcredito e nel 1976 la Grameen Bank.
Numerosissimi i riconoscimenti conferiti a Yunus che nel 2006 ha ricevuto il Premio Nobel per la pace. Nella motivazione del Nobel si legge: "La pace duratura non può essere ottenuta a meno che larghe fasce della popolazione non trovino modi per uscire dalla povertà".

Diana ****
<Quando oggi qualcuno mi chiede:"Come le sono venute tutte quelle idee innovative? Lei non ha una formazione specifica, come ha fatto ad inventare Grameen?", io rispondo: "Abbiamo guardato come funzionano le altre banche e abbiamo fatto il contrario".
La gente pensa che si tratti di una battuta, invece, in un certo senso, è la verità.>
Saper guardare le cose da un altro punto di vista, credere che si possa agire in modo diverso da come si è fatto sino a quel momento e persistere nonostante gli ostacoli, non è da tutti. Anzi, è un talento. Yunus non ha trovato la formula magica per guarire i mali del mondo ma è un uomo determinato, concreto, retto ed instancabile. E' un esempio.
Da leggere nelle scuole.

Il bello:
- L'idea che sia possibile migliorare la qualità della vita dei più poveri grazie ad una Banca, un istituto d'affari, e non ad un ente benefico.
- Il rigore e il senso pratico di Muhammad Yunus.

Il brutto:
- Niente.

10 gennaio 2012

BOMBAY TIME

Mehernosh, il figlio di Jimmy e Zarin Kanga, si sposa. Al ricevimento sono invitati gli amici di Wadia Baug, condominio di Mumbai, abitato da una comunità Parsi, i cui membri, più che vicini di casa, sono diventati una famiglia.
Il matrimonio è un'occasione d'incontro per ripercorrere la storia di ognuno, per fare bilanci ed indugiare nei ricordi.

L'AUTORE

Thrity Umrigar è nata a Mumbai. Figlia unica, ha cominciato a scrivere storie e poesie fin da piccola. Finito il college, a 21 anni si è trasferita in Ohio, dove tuttora risiede, per conseguire un master in giornalismo alla Ohio State University. Scrive in inglese, è giornalista, critica e insegnante di scrittura creativa e letteratura alla Case Western Reserve University.
Vive a Cleveland.
Bombay Time è il suo primo romanzo.
Sembra che Bombay Time abbia avuto una lunga gestazione, ma che l'autrice si sia risolutamente convinta a terminare il lavoro a casa del padre, a Mumbai, un pomeriggio, durante le vacanze natalizie.
A proposito del suo romanzo
Thrity Umrigar ha dichiarato:" Tutti i personaggi sono Parsi o Zoroastriani, che è la religione secondo cui sono stata cresciuta. I Parsi sono membri di una piccola minoranza etnica che arrivarono in India come rifugiati politici dalla Persia, più di novecento anni fa, e che sono diventati una delle comunità più influenti ed occidentalizzata del Subcontinente...Crescere in India mi ha permesso di venire a conoscienza di molte storie tragiche e dal grande pathos. La vita quotidiana per così tanti individui sembra essere un'infinita lotta eppure, ho visto queste persone vivere con il tipico atteggiamento di Bombay, audace e coraggioso. Volevo celebrare le loro vite, con il mio romanzo.
Sono, inoltre molto affascinata dallo stato di insider-outsider dei Parsi. Volevo esaminare il loro rapporto di amore-odio con Bombay, come se i Parsi fossero tormentati tra il disprezzo e il disperato amore per la loro città natale."


Di Thrity Umrigar, oltre a Bombay Time, in Italia sono disponibili L'ora del tramonto e Il prezzo del paradiso, entrambi editi da Neri Pozza.

L'intervista  completa a Thrity Umrigar, altre news ed approfondimenti sul suo Sito Ufficiale.

RECENSIONI

Diana ***** 5/5
Splendido romanzo d'esordio che racconta le vite di un gruppo di amici, i loro amori, i desideri, i sogni realizzati e le ambizioni deluse. Thrity Umrigar dimostra una sensibilità speciale nel capire e descrivere la natura umana e i rapporti tra le persone. I suoi personaggi sono veri e vivi. A loro ci si affeziona dalla prima pagina e, come nei romanzi migliori, arrivati all'ultima riga, li si lascia malvolentieri.
<"Lo sai qual è la parte peggiore di tutto questo? Quando sono felice io mi sento colpevole. Come oso, dal momento che la persona che amo di più al mondo, mia madre, è così triste? Lei pensa che non lo sappia, ma a volte l'ho vista seduta sul letto di mio padre, che accarezzava le lenzuola in silenzio, come se volesse sentire la sua forma, quasi si aspettasse di vederlo comparire. Dopo così tanti anni, mia madre sente ancora fortissimo la sua mancanza. Poi mi chiedo, che diritto ho io a qualsiasi gioia, di fronte a così tanta sofferenza?" A quel punto Cyrus la sfiorò per la prima volta. Chinandosi in avanti, le afferrò il braccio stringendoglielo fino a farle un po' male. "Tehmi, ascoltami. Quello che hai appena detto è peccato. Un paap, capisci? Tehmi, ciascuno può dare agli altri solo ciò che possiede. Così, se tu hai la felicità nel cuore, puoi dividerla rendendo felici altre persone. Se anche ti senti infelice o colpevole, a tua mamma non rechi alcun sollievo.">

Thrity Umrigar è una signora piena di talento e il suo Bombay Time è un grande romanzo che scalda il cuore.

Il bello:
- L'acume e la profondità dell'autrice.
- I riferimenti bollywoodiani: a Sunjay Dutt, Dev Anand e al film Junglee.

Il brutto:
- Niente.