31 marzo 2012

IL DIO DELLE PICCOLE COSE - THE GOD OF SMALL THINGS

Estha e Rahel, fratelli gemelli di sette anni, vivono a casa della nonna, a Ayemenem, nel Kerala, con la madre divorziata, Ammu, lo zio di ritorno da Oxford, Chacko, e la prozia nubile, Baby Kochamma. Una bella giornata di dicembre del '69, tutti insieme viaggiano in direzione dell'aeroporto di Cochin per andare a prendere Margaret, ex moglie di Chacko, e la sua bambina Sophie Moll, in visita per le vacanze di Natale.
L'arrivo della piccola Sophie si inserisce in una serie di eventi che cambierà il destino dei gemelli e la vita di tutta la famiglia.

L'AUTORE

Arundhati Roy è nata nel 1961 a Shillong. Sua madre è del Kerala, così Arundhati passa parte dell'infanzia ad Ayemenem e frequenta la scuola di Kottayam. Ancora giovanissima si trasferisce a Delhi e studia architettura.
Nel 1984 scrive la sceneggiatura di In Which Annie Gives it Those Ones, film per la tv in cui compare fuggevolmente un giovane Shahrukh Khan.
Nel 1992 comincia a lavorare a Il dio delle piccole cose, suo primo e unico romanzo.
Quando viene pubblicato, Il dio delle piccole cose è un successo mondiale, venduto in ventuno paesi, e vincitore del Booker Prize del 1997.
Arundhati Roy continua a scrivere ma si dedica al giornalismo politico e alla pubblicazione di saggi e raccolte. Diventa un'attivista, sostenitrice dei movimenti antiglobalizzazione e antinucleare. Assume posizioni molto nette sia sul fronte nazionale che internazionale, che espone con lucidità, forza e passione e che le sono costate diverse critiche e controversie.
In Italia è possibile trovare:
Quando arrivano le cavallette, raccolta di saggi che affrontano tematiche di attualità della scena politica indiana.
La strana storia dell'assalto al parlamento indiano, la cronaca dell'attacco al parlamento indiano del 2001.
L'impero e il vuoto. Conversazioni con David Barsamian.
La speranza, nel frattempo. Una conversazioni tra Arundhati Roy, John Berger e Maria Nadotti.
Guida all'impero per la gente comune, raccolta di scritti a proposito dei rapporti tra India e Pakistan.
Ahisma: scritti su impero e guerra, antologia di testi il cui tema centrale è la guerra, in Afghanistan e in Iraq.
Guerra è pace, un testo contro la globalizzazione.
La fine delle illusioni, la bomba atomica in India.
In marcia con i ribelli, l'espansione delle multinazionali nel territorio indiano vista dalla parte degli adivasi.
Due interviste all'autrice de Il dio delle piccole cose: www.harpercollins.com e www.parieuguali.it

RECENSIONI

La Repubblica
Sarebbe una vera ingiustizia nei confronti dei potenziali lettori raccontare anche solo in parte la trama del romanzo. Oltre che di due o tre grandi snodi drammatici, che, a un lettore attento, sono annunciati e insinuati come un sospetto fin da pagina quattro, Il dio delle piccole cose è fatto soprattutto della sua complessa e barocca scrittura che gioca continuamente con la lingua e le parole, di una struttura fatta di flash back che si intrecciano e si inseguono, del suo stile favolistico, e dei suoi personaggi.
Irene Bignardi,  08.04.2003
L'articolo integrale.

Diana *****
Il dio delle piccole cose  è sicuramente uno dei libri più belli del '900, entra di diritto nella categoria dei classici, eterni ed universali, e nella lista dei must read. C'è una storia, uno stile e un'idea, un punto di vista, un giudizio.
La storia è tragica, straziante, perfetta. Racconta di tre bambini, una con una fontana stretta in una love in tokyo, un altro con le scarpe a punta e la terza, la cugina, Amata Fin Dal Primo Istante. Di un uomo con una voglia marrone chiaro sulla schiena, a forma di foglia appuntita. Una foglia autunnale di notte. E di un umido dicembre, durante il quale piccoli già prematuramente e duramente consapevoli sono costretti a confrontarsi con le mancanze degli adulti e le ingiustizie e le brutalità da loro commesse.
Lo stile di Arundhati è molto particolare. L'autrice ha dichiarato di aver costruito il suo romanzo come un edificio, di averlo pensato in termini architettonici. Quello che colpisce, però, non è tanto la struttura o la narrazione, tra presente e flashback, quanto proprio il suo modo di scrivere, fatto di odori e impressioni. Le ambientazioni, i personaggi, gli accadimenti, sono sentiti, più che descritti, con una straordinaria quanto unica capacità di immaginazione ed evocazione.
Poi c'è il giudizio. Il punto di vista dell'autore con il quale si può dissentire ma che non deve mai mancare. Arundhati non si nasconde. La condanna c'è ed è senza appello. Il mondo descritto è dominato dall'amore ma anche dal bisogno, dalla paura, dalla disperazione, dall'ignoranza e dalla meschinità. La Roy è dura, anche con i suoi lettori a cui non lascia consolazioni, eppure arrivati all'ultima pagina si è grati.

Il bello:
- La poesia.
"Le Grandi Storie sono quelle che abbiamo già sentito e che vogliamo sentire di nuovo. Quelle in cui possiamo entrare da una parte qualunque e starci comodi. Non ci ingannano con l'imprevisto. Ci sono familiari come le case in cui abitiamo. Come l'odore della pelle del nostro amante. Sappiamo in anticipo come vanno a finire, eppure le seguiamo come se non lo sapessimo...Nelle Grandi Storie sappiamo chi sopravvive, chi muore, chi trova l'amore e chi no. E ciononostante vogliamo sentirle un'altra volta. In questo consiste il loro mistero e la loro magia."

- L'amore tra Estha e Rahel. Quello tra Velutha e Ammu. Il legame tra Estha, Rahel, Velutha e Ammu.

Il brutto:
Proprio niente.

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