24 ottobre 2012

MEHWISH PARLA AL SOLE - THE GEOMETRY OF GOD

Uzma Aslam Khan non è un'autrice indiana ma pakistana. Mehwish parla al sole è la sua terza pubblicazione.
Il conflitto afgano-sovietico è in corso, il Pakistan è sotto la dittatura del generale Zia e il tentativo di imporre una cultura islamica integralista e il fondamentalismo religioso è in atto. In questo scenario crescono le sorelle Amal, bambina curiosa, fortunata osservatrice e futura paleontologa, e Mehwish, rimasta cieca quando ancora in fasce. Loro punto di riferimento è Zahoor, il nonno, uno studioso rigoroso, carismatico e convinto evoluzionista.
Il quarto protagonista del romanzo è Noman, giovane matematico, che, mentre collabora con il padre, un politico del Partito Islamico della Creazione, si avvicina a Zahoor, rimanendone affascinato. Si legherà a lui, ad Amal e a Mehwish.

L'AUTORE

Uzma Aslam Khan è nata a Lahore nel 1969, da piccolissima ha vissuto nelle Filippine, in Giappone e in Inghilterra, fino a quando la sua famiglia si è stabilita a Karachi.
Ha studiato letteratura comparata a New York ed ha ottenuto un MFA (Master in Fine Arts) alla University of Arizona di Tucson. Scrive in inglese.
Vive a Lahore con il marito, lo scrittore americano, David Maine.
Il suo romanzo d'esordio, The story of noble rot, non è ancora stato pubblicato in Italia. E' disponibile, però, Trasgressione, titolo originale Trespassing, del 2004.
Ecco il personale punto di vista dell'autrice a proposito degli emergenti scrittori pakistani o, più in generale,  musulmani, che si stanno imponendo sulla scena letteraria internazionale: "Per gli scrittori di origine musulmana maschi, i parametri non sono rigidi come per le donne. Sì, alcuni intrecciano storie su barbuti mullah, ma difficilmente tutti lo fanno. Al contrario, la lista di scrittrici donne musulmane conosciute, che non raccontino di casalinghe tiranneggiate e ragazze coperte dal burqa, è ridotta. Gli occidentali vogliono solo quell'immagine, poco altro." (*)

RECENSIONI

The Washingnton Times
Per tutta la complessa narrazione, Ms. Khan scrive con inesauribile intelligenza e magia linguistica. Dischiudendo agli occidentali  porte e finestre sul Pakistan e sulla sua cultura islamica.
Claire Hopley, 15.10.2009
L'articolo integrale.

Diana ****1/2
"Quello che mi affascina è come le prospettive individuali influenzino quelle collettive, come lo stesso evento sia interpretato diversamente da differenti occhi, qualche volta persino, con il passare del tempo, dagli stessi occhi, perché la memoria ha vari modi di riformare i ricordi. E' in questo processo che la struttura o la geometria del romanzo a cui sto lavorando emerge. Scrivere per me quasi un atto tridimensionale, fisico. Devo essere in grado di vedere la costruzione, la realizzo nel modo in cui io mi aspetterei di vedere una scultura o un edificio: da molti differenti angoli.
Questo è l'unico modo in cui spero di descrivere tutte le sfaccettature insieme."(*)
Così parla del suo lavoro Uzma Aslam Khan con particolare riferimento a Mehwish parla al sole (perché per l'edizione italiana non sia stato scelto un titolo più aderente all'originale rimane un mistero)
Il romanzo è narrato a più voci, quelle di Amal, Mehwish e Noman, dalle loro diverse prospettive. Punti di vista particolari che compongono il quadro generale. I singoli personaggi sono davvero affascinanti, originali, ognuno con determinate caratteristiche, ma credibili; l'architettura d'insieme è molto ben ideata e prende forma una pagina dopo l'altra. I temi del fondamentalismo religioso e della condizione delle donne sono presenti e determinanti ma non protagonisti. Il focus è sull'individuo, sulla storia. Lo stile di Uzma, inoltre, è una vera sorpresa. L'autrice scrive in modo personale, inedito e piuttosto raffinato. I suoi presupposti, le intenzioni sono molto intelligenti, stimolano il lato razionale del lettore che viene, nello stesso tempo, coinvolto emotivamente. Mehwish parla al sole è un'esperienza di appagamento raro.

Il bello:
- La paleontologia. Un argomento insolito per un  romanzo che non sia di divulgazione scientifica. Un tema che diventa insospettabilmente caldo ed apre a diverse interessantissime riflessioni.
- L'umorismo dissacrante dell'autrice. Come per esempio quando Noman descrive il severo padre:
"...Con l'aggiunta di un pizzico di paura. Aba è grosso e io sono piccolo. Quand'ero ancora più piccolo, mi picchiava sulle nocche con un righello. Molti padri fanno di peggio, ho udito di peggio stando sul tetto. Però ricordo il sibilo e la fitta alla mano destra quando l'avevo adoperata male nei compiti a scuola, oppure una volta la fitta alla sinistra, quando l'avevo adoperata troppo bene nel momento più torrido di un video che mostrava tre lesbiche poppute in una torrida vasca da bagno."
E come queste righe saltino fuori nei momenti più inaspettati e gravi, accostate ad osservazioni dense di significato o accostate alle cose non dette, ancora più dense.

Il brutto:
- Niente.

(*) L'intervista di Ziya Us Salam pubblicata da The Hiundu il 4 gennaio 2009 dacui sono tratte le frasi citate.

Il blog dell'autrice, molto carino e personale.

14 settembre 2012

UN PERFETTO EQUILIBRIO - A FINE BALANCE

Dina, rimasta vedova in giovane età, lotta per la sopravvivenza e per l'indipendenza da un fratello autoritario e ottuso. Ishvar e Om, zio e nipote, discendenti da una famiglia di ciabattini ma diventati dei sarti, lasciano la campagna spinti dalla violenza dello zamindar e dalla miseria. Maneck, nato in un incontaminato paese di montagna, è in città per prendere il diploma; i suoi genitori, infatti, piccoli commercianti, spaventati dai rapidi cambiamenti seguiti all'indipendenza, sperano per lui in futuro migliore garantito dall'istruzione. Le vite di tutti procedono sospese in perfetto equilibrio.

L'AUTORE


Rohinton Mistry nasce nel '52 a Mumbai, da una famiglia Parsi. Da ragazzo si interessa di musica e studia composizione ma poi si laurea in matematica ed economia allo St. Xavier's College di Mumbai.

Nel 1975 si sposa e si trasferisce in Canada per lavorare come impiegato alla Canadian Imperial Bank of Commerce. Tre anni dopo, decide di frequentare, insieme alla moglie, inglese e filosofia alla University of Toronto. E' in questo periodo che Mistry sviluppa un maggiore interesse verso la scrittura e dà alla luce diversi racconti che vengono pubblicati da alcune riviste letterarie. Due dei suoi componimenti vincono Hart House literary prize e sono inclusi nella sua prima raccolta (Tales from Firozsha Baag o Swimming Lessons and Other Stories from Firozsha Baag), del 1987.
Rohinton Mistry vive tuttora vicino a Toronto con la moglie Freny.
In Italia, oltre ad Un perfetto equilibrio, sono disponibili:
Firozsha Baag (1987), Un lungo viaggio - Such a Long Journey (1991), Questioni di famiglia - Family Matters (2002).
Per il suo lavoro Mistry ha conseguito diversi premi tra cui il più prestigioso è senza dubbio il Neustadt International Prize for Literature di cui è stato insignito proprio quest'anno.

RECENSIONI

The New York Times

Terminato il libro, sono tornata a riflettere sul titolo, Un perfetto equilibrio, perché il senso di sbilanciamento,  la disperazione che travalica la speranza,  i danni morali subiti che superano la possibilità di riscatto, era forte. Forse questa percezione di residuo squilibrio è dovuto al conflitto di Mistry tra le intenzioni politiche e quelle letterarie. Certamente l'atto d'accusa rivolto al regime del ex primo ministro Sonia Gandhi non potrebbe essere più chiaro e tagliente. 
A. G. Mojtabai, 23.06.1996
La recensione integrale.

Diana ***
In Un perfetto equilibrio la carne al fuoco è parecchia. Coesistono il tema delle comunità Parsi e quello della convivenza tra hindu e musulmani. Ma anche la divisione in caste, la vita nelle campagne, gli slum, la condizione dei mendicanti. Persino un accenno alla globalizzazione e ad un certo tipo di sviluppo economico che snatura le realtà locali. E al di sopra di tutto: l'Emergenza. Proclamato da Indira Gandhi nel 1975, lo stato di emergenza nazionale permise al governo di mettere in atto misure straordinarie. Per gli oppositori quella del primo ministro fu una mossa per eludere i problemi giudiziari e per instaurare un regime di sospensione della libertà e della democrazia. Per i suoi sostenitori invece si trattò di una necessità per ristabilire l'ordine e ritrovare il benessere sociale.
Mistry si schiera decisamente tra i primi. E' convinto e convincente. Racconta di prelievi forzati per rimpinguare le file del pubblico ai comizi promozionali del primo  ministro. O peggio, di rastrellamenti notturni tra i senzatetto alla ricerca di manodopera gratuita. Di incarcerazioni ingiuste e di censura implacabile.  Dipinge un quadro che inquieta e che trova il suo picco nella descrizione della così detta politica di controllo delle nascite, secondo la quale la popolazione veniva incentivata a sottoporsi alla sterilizzazione e, in alcuni casi, persino costretta. Una sopraffazione agghiacciante subita soprattutto dai più poveri e deboli.
Seppur i temi toccati siano interessanti  e siano veri e propri protagonisti accanto ai drammi personali dei quattro personaggi principali, e nonostante il punto di vista dell'autore sia chiaro e deciso, nel complesso l'insieme è davvero un po' troppo. L'equilibrio è tutt'altro che perfetto.
Senza contare che alla prosa di Mistry manca, per esempio, la profondità emotiva dei romanzi di Thrity Umrigar o l'ironia e la maestria di Vikram Seth, capace di portare il lettore a spasso per più di 1500 pagine senza perderlo mai. O il talento di Salman Rushdie, indisciplinato ed arrogante, che molesta i lettori  fino ad ipnotizzarli.
Per chi si accontenta.

Il bello:
- L'inizio coinvolgente e la scorrevolezza della narrazione.
- Amitabh Bachchan viene citato ben tre volte.
- Il giro in bicicletta di Om e Ishvar: "A un cenno di Om, Ishvar salì sul portapacchi. Si sedette di lato, le gambe in fuori con i piedi a pochi centimetri da terra, i sandali che ogni tanto sfioravano la strada, e a quel punto partirono. L'ottimismo di Om si manifestava nelle cascate di drin-drin che sgorgavano dal campanello. Per un po' il mondo fu perfetto."

Il brutto:
- I protagonisti sono vessati da una serie di accadimenti tragici che si susseguono uno dopo l'altro. Tutto va storto e anche peggio. Al di là della discutibile verosimiglianza dei fatti narrati (ogni cosa accade sempre proprio ai quattro protagonisti di Mistry?), il problema è che il pessimismo di fondo del romanzo, che trova il suo culmine nel finale, non sembra sincero.
- Rohinton Mistry ha vissuto più a lungo in Canada che in India, da cui si è trasferito ben trentasette anni fa. Procedendo con la lettura, in effetti, si insinua sempre con maggiore intensità la sensazione che il racconto sia stato scritto "dall'esterno".

25 giugno 2012

L'INSEGNANTE DI INGLESE



Scritto nel 1945 da uno dei più celebri autori del subcontinente, R.K. Narayan, L'insegnante di inglese di sicuro affascina coloro che amano l'India classica e mistica. È un libro in larga parte di equilibrata pacatezza, e anzi pacato sembra l'aggettivo migliore per qualificarlo. Lo stile è pacato, piacevole, un po' datato. La storia è pacata. I personaggi sono pacati, così come le loro emozioni e i loro sentimenti. Il dolore è pacato. Pacata è la felicità. Pacato l'umorismo. La saggezza orientale sposa la compostezza anglosassone. I colori e i sapori dell'India, per quanto onnipresenti, rimangono relegati sullo sfondo.

L'insegnante di inglese è un romanzo di formazione con protagonista un giovane uomo insoddisfatto che, a seguito di un lutto, intraprende suo malgrado un cammino di crescita interiore. Personalmente non apprezzo molto, qui come altrove, la piega mistico-soprannaturale che ad un certo punto prende corpo nella vicenda, ma, in confronto ad esempio ad Un uomo migliore, ne L'insegnante di inglese questo aspetto è meno goffo, e il presupposto che lo scatena è più robusto. In effetti sono molti i parallelismi con Un uomo migliore: l'ambientazione nel sud del Paese, l'amicizia maschile, la formazione da adulto del protagonista, un vago senso di solitudine, la figura dell'eccentrico. Difficile decretare il migliore fra i due. L'opera di Anita Nair è più incantatrice, più vivace anche se meno solida. L'insegnante di inglese è più classico nel senso ampio del termine e più convincente. Si legge con minor gusto - a tratti suona leggermente petulante -, ma alcune pagine sono magnifiche (ad esempio il quarto capitolo, dedicato alla morte di Susila).

Significativo il tema del recupero della propria identità culturale, e significativo il modo in cui viene trattato: nessun rifiuto dogmatico e pregiudizievole nei confronti del modello britannico imperante, verso il quale l'autore nutre grande rispetto (anche se punteggiato qua è là da bonario umorismo), bensì condanna del volontario e consenziente allontanamento dalla tradizione indiana. Da qui l'insoddisfazione, prima solo professionale e poi personale, di Krishna. L'evento catartico scatenante è il decesso della moglie. In seguito, l'amicizia con lo stravagante maestro di scuola e la spontaneità infantile di Leela forniranno all'uomo la consapevolezza e gli strumenti per gestire la decisione che cambierà la sua vita per sempre. È interessante, soprattutto alla luce delle sue vicende personali, ciò che l'autore ha, volutamente o no, sottinteso: l'amore per la moglie e la felicità della tranquilla vita coniugale non avrebbero consentito a Krishna lo strappo e l'affermazione di sé. La solitudine, pur nel devastante dolore che l'accompagna, gli ha offerto la libertà di vivere senza ipocrisie.

TRAMA

Krishna è un insegnante di letteratura inglese. Vive nelle strutture di un college, lontano dalla moglie Susila e dalla figlia Leela. I giorni scorrono tutti uguali, fra lezioni poco eccitanti, bizzarri scambi di idee col preside britannico, chiacchiere con i colleghi. Susila decide di trasferirsi dal marito, e Krishna si lascia catturare da una pacata agitazione. La priorità ora è cercare un appartamento nel quale accogliere la famiglia.

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE

* Lo scambio di battute fra padre e figlia: dialoghi deliziosi, intrisi di reciproco infinito amore.

RECENSIONI

La Repubblica:
'È l'India profonda e cadenzata da regole "altre" quella che con R.K. Narayan (...) riusciamo a vivere, a intuire: e il passo, la pace infusa nei suoi romanzi è sempre speciale, anche se a volte ne sentiamo tutta l'estraneità. Questa calma ci avvolge anche quando il tema è doloroso come quello de L'insegnante di inglese, il romanzo da poco uscito con Guanda (...). Un soggetto doloroso a maggior ragione perché completamente autobiografico: la morte della moglie Rajam - che qui viene chiamata Susila -, scomparsa inaccettabile, sostenibile solo ricorrendo a un contatto col suo spirito, prima attraverso un medium, poi, abbandonati tanti legami terreni, con le proprie forze. Non è un volo mistico quello di Narayan, non sarebbe nello stile dell'autore anglo-indiano che ci ha così spesso accompagnato nelle scene di ogni giorno del piccolo villaggio immaginario Malgudi, ma la risoluzione di una crisi di identità del protagonista'.
Susanna Nirenstein, 24.03.06

Cinema Hindi: ***
Punto di forza: la tenerissima relazione padre-figlia.
Punto debole: la sfumatura forse un po' datata che sembra pervadere tutto il libro.

SCHEDA DEL ROMANZO

Personaggi:

* Krishna - insegnante di inglese
* Susila - la moglie di Krishna
* Leela - la figlioletta di Krishna e di Susila
* il maestro di scuola

Autore: R.K. Narayan (1906-2001, Chennai). Diverse sue opere sono state tradotte in italiano, fra cui Il pittore di insegneUna tigre per Malgudi.
Anno: 1945
Titolo originale: The English teacher

CURIOSITÀ

* L'insegnante di inglese è largamente autobiografico. Rajam, la moglie di Narayan, morì di tifo nel 1939. La figlioletta Hema aveva allora tre anni. L'opera è dedicata a Rajam.
* Indian Thought Publications è la casa editrice fondata nel 1942 da Narayan, tuttora attiva, gestita dalla nipote.
* Il noto film Guide (1965, con Dev Anand e Waheeda Rehman) è tratto da The guide (1958) di Narayan. Le edizioni italiane: La grande frode (Frassinelli, 1959; Adelphi, 1972) e Raju della ferrovia (Zanzibar, 1994).