Dina, rimasta vedova in giovane età, lotta per la sopravvivenza e per l'indipendenza da un fratello autoritario e ottuso. Ishvar e Om, zio e nipote, discendenti da una famiglia di ciabattini ma diventati dei sarti, lasciano la campagna spinti dalla violenza dello zamindar e dalla miseria. Maneck, nato in un incontaminato paese di montagna, è in città per prendere il diploma; i suoi genitori, infatti, piccoli commercianti, spaventati dai rapidi cambiamenti seguiti all'indipendenza, sperano per lui in futuro migliore garantito dall'istruzione. Le vite di tutti procedono sospese in perfetto equilibrio.
L'AUTORE
Rohinton Mistry nasce nel '52 a Mumbai, da una famiglia Parsi. Da ragazzo si interessa di musica e studia composizione ma poi si laurea in matematica ed economia allo St. Xavier's College di Mumbai.
Nel 1975 si sposa e si trasferisce in Canada per lavorare come impiegato alla Canadian Imperial Bank of Commerce. Tre anni dopo, decide di frequentare, insieme alla moglie, inglese e filosofia alla University of Toronto. E' in questo periodo che Mistry sviluppa un maggiore interesse verso la scrittura e dà alla luce diversi racconti che vengono pubblicati da alcune riviste letterarie. Due dei suoi componimenti vincono Hart House literary prize e sono inclusi nella sua prima raccolta (Tales from Firozsha Baag o Swimming Lessons and Other Stories from Firozsha Baag), del 1987.
Rohinton Mistry vive tuttora vicino a Toronto con la moglie Freny.
In Italia, oltre ad Un perfetto equilibrio, sono disponibili:
Firozsha Baag (1987), Un lungo viaggio - Such a Long Journey (1991), Questioni di famiglia - Family Matters (2002).
Per il suo lavoro Mistry ha conseguito diversi premi tra cui il più prestigioso è senza dubbio il Neustadt International Prize for Literature di cui è stato insignito proprio quest'anno.
RECENSIONI
The New York Times
L'AUTORE
Rohinton Mistry nasce nel '52 a Mumbai, da una famiglia Parsi. Da ragazzo si interessa di musica e studia composizione ma poi si laurea in matematica ed economia allo St. Xavier's College di Mumbai.
Nel 1975 si sposa e si trasferisce in Canada per lavorare come impiegato alla Canadian Imperial Bank of Commerce. Tre anni dopo, decide di frequentare, insieme alla moglie, inglese e filosofia alla University of Toronto. E' in questo periodo che Mistry sviluppa un maggiore interesse verso la scrittura e dà alla luce diversi racconti che vengono pubblicati da alcune riviste letterarie. Due dei suoi componimenti vincono Hart House literary prize e sono inclusi nella sua prima raccolta (Tales from Firozsha Baag o Swimming Lessons and Other Stories from Firozsha Baag), del 1987.
Rohinton Mistry vive tuttora vicino a Toronto con la moglie Freny.
In Italia, oltre ad Un perfetto equilibrio, sono disponibili:
Firozsha Baag (1987), Un lungo viaggio - Such a Long Journey (1991), Questioni di famiglia - Family Matters (2002).
Per il suo lavoro Mistry ha conseguito diversi premi tra cui il più prestigioso è senza dubbio il Neustadt International Prize for Literature di cui è stato insignito proprio quest'anno.
RECENSIONI
The New York Times
Terminato il libro, sono tornata a riflettere sul titolo, Un perfetto equilibrio, perché il senso di sbilanciamento, la disperazione che travalica la speranza, i danni morali subiti che superano la possibilità di riscatto, era forte. Forse questa percezione di residuo squilibrio è dovuto al conflitto di Mistry tra le intenzioni politiche e quelle letterarie. Certamente l'atto d'accusa rivolto al regime del ex primo ministro Sonia Gandhi non potrebbe essere più chiaro e tagliente.
A. G. Mojtabai, 23.06.1996
La recensione integrale.
Diana ***
In Un perfetto equilibrio la carne al fuoco è parecchia. Coesistono il tema delle comunità Parsi e quello della convivenza tra hindu e musulmani. Ma anche la divisione in caste, la vita nelle campagne, gli slum, la condizione dei mendicanti. Persino un accenno alla globalizzazione e ad un certo tipo di sviluppo economico che snatura le realtà locali. E al di sopra di tutto: l'Emergenza. Proclamato da Indira Gandhi nel 1975, lo stato di emergenza nazionale permise al governo di mettere in atto misure straordinarie. Per gli oppositori quella del primo ministro fu una mossa per eludere i problemi giudiziari e per instaurare un regime di sospensione della libertà e della democrazia. Per i suoi sostenitori invece si trattò di una necessità per ristabilire l'ordine e ritrovare il benessere sociale.
Mistry si schiera decisamente tra i primi. E' convinto e convincente. Racconta di prelievi forzati per rimpinguare le file del pubblico ai comizi promozionali del primo ministro. O peggio, di rastrellamenti notturni tra i senzatetto alla ricerca di manodopera gratuita. Di incarcerazioni ingiuste e di censura implacabile. Dipinge un quadro che inquieta e che trova il suo picco nella descrizione della così detta politica di controllo delle nascite, secondo la quale la popolazione veniva incentivata a sottoporsi alla sterilizzazione e, in alcuni casi, persino costretta. Una sopraffazione agghiacciante subita soprattutto dai più poveri e deboli.
Seppur i temi toccati siano interessanti e siano veri e propri protagonisti accanto ai drammi personali dei quattro personaggi principali, e nonostante il punto di vista dell'autore sia chiaro e deciso, nel complesso l'insieme è davvero un po' troppo. L'equilibrio è tutt'altro che perfetto.
Senza contare che alla prosa di Mistry manca, per esempio, la profondità emotiva dei romanzi di Thrity Umrigar o l'ironia e la maestria di Vikram Seth, capace di portare il lettore a spasso per più di 1500 pagine senza perderlo mai. O il talento di Salman Rushdie, indisciplinato ed arrogante, che molesta i lettori fino ad ipnotizzarli.
Per chi si accontenta.
Il bello:
- L'inizio coinvolgente e la scorrevolezza della narrazione.
- Amitabh Bachchan viene citato ben tre volte.
Il brutto:
- I protagonisti sono vessati da una serie di accadimenti tragici che si susseguono uno dopo l'altro. Tutto va storto e anche peggio. Al di là della discutibile verosimiglianza dei fatti narrati (ogni cosa accade sempre proprio ai quattro protagonisti di Mistry?), il problema è che il pessimismo di fondo del romanzo, che trova il suo culmine nel finale, non sembra sincero.
A. G. Mojtabai, 23.06.1996
La recensione integrale.
Diana ***
In Un perfetto equilibrio la carne al fuoco è parecchia. Coesistono il tema delle comunità Parsi e quello della convivenza tra hindu e musulmani. Ma anche la divisione in caste, la vita nelle campagne, gli slum, la condizione dei mendicanti. Persino un accenno alla globalizzazione e ad un certo tipo di sviluppo economico che snatura le realtà locali. E al di sopra di tutto: l'Emergenza. Proclamato da Indira Gandhi nel 1975, lo stato di emergenza nazionale permise al governo di mettere in atto misure straordinarie. Per gli oppositori quella del primo ministro fu una mossa per eludere i problemi giudiziari e per instaurare un regime di sospensione della libertà e della democrazia. Per i suoi sostenitori invece si trattò di una necessità per ristabilire l'ordine e ritrovare il benessere sociale.
Mistry si schiera decisamente tra i primi. E' convinto e convincente. Racconta di prelievi forzati per rimpinguare le file del pubblico ai comizi promozionali del primo ministro. O peggio, di rastrellamenti notturni tra i senzatetto alla ricerca di manodopera gratuita. Di incarcerazioni ingiuste e di censura implacabile. Dipinge un quadro che inquieta e che trova il suo picco nella descrizione della così detta politica di controllo delle nascite, secondo la quale la popolazione veniva incentivata a sottoporsi alla sterilizzazione e, in alcuni casi, persino costretta. Una sopraffazione agghiacciante subita soprattutto dai più poveri e deboli.
Seppur i temi toccati siano interessanti e siano veri e propri protagonisti accanto ai drammi personali dei quattro personaggi principali, e nonostante il punto di vista dell'autore sia chiaro e deciso, nel complesso l'insieme è davvero un po' troppo. L'equilibrio è tutt'altro che perfetto.
Senza contare che alla prosa di Mistry manca, per esempio, la profondità emotiva dei romanzi di Thrity Umrigar o l'ironia e la maestria di Vikram Seth, capace di portare il lettore a spasso per più di 1500 pagine senza perderlo mai. O il talento di Salman Rushdie, indisciplinato ed arrogante, che molesta i lettori fino ad ipnotizzarli.
Per chi si accontenta.
Il bello:
- L'inizio coinvolgente e la scorrevolezza della narrazione.
- Amitabh Bachchan viene citato ben tre volte.
- Il giro in bicicletta di Om e Ishvar: "A un cenno di Om, Ishvar salì sul portapacchi. Si sedette di lato, le gambe in fuori con i piedi a pochi centimetri da terra, i sandali che ogni tanto sfioravano la strada, e a quel punto partirono. L'ottimismo di Om si manifestava nelle cascate di drin-drin che sgorgavano dal campanello. Per un po' il mondo fu perfetto."
Il brutto:
- I protagonisti sono vessati da una serie di accadimenti tragici che si susseguono uno dopo l'altro. Tutto va storto e anche peggio. Al di là della discutibile verosimiglianza dei fatti narrati (ogni cosa accade sempre proprio ai quattro protagonisti di Mistry?), il problema è che il pessimismo di fondo del romanzo, che trova il suo culmine nel finale, non sembra sincero.
- Rohinton Mistry ha vissuto più a lungo in Canada che in India, da cui si è trasferito ben trentasette anni fa. Procedendo con la lettura, in effetti, si insinua sempre con maggiore intensità la sensazione che il racconto sia stato scritto "dall'esterno".
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