Questo romanzo genera qualche perplessità. Ad una seconda lettura appare più consistente, ma i dubbi permangono. Scritto in modo dignitoso, la narrazione scorre piacevolmente. Le sanguinose vicende che coinvolgono la comunità sikh sono esposte con equilibrio. Il senso di non appartenenza culturale e geografica viene espresso nella quotidianità, scevro da riflessioni.
Malgrado ciò si avverte la sgradevole sensazione che Anita Rau Badami si rivolga ad un pubblico solo femminile. L'opera manca di respiro universale. Le donne del titolo sono tutte belle. Sposano uomini che conoscono appena, ma che si rivelano mariti ideali. Le donne sono figure tormentate. Gli uomini rimangono sullo sfondo (con l'eccezione di Pa-ji), e sono considerati non persone bensì opportunità da cogliere, mezzi per affrancarsi dalla miseria, dall'arretratezza o dalle vessazioni psicologiche familiari. Riduttivo e offensivo.
Le situazioni vissute dalle protagoniste mostrano un che di posticcio, e guarda caso si incastonano alla perfezione nei violenti accadimenti della storia recente indiana. Gioie e dolori vengono sapientemente distribuiti. Si oscilla con affettazione diligente dall'edulcorato al tragico. Lo svolgimento è costruito ad arte, ma la vita è ben altra cosa. I personaggi non sono autonomi, non sembrano crescere in modo spontaneo: le loro preconfezionate esistenze sono frutto della malcelata imposizione creativa della scrittrice che, non contenta, punisce le sue eroine con un epilogo addirittura crudele. L'introspezione psicologica rimane solo nelle intenzioni: lo strappo dalla propria identità culturale, anche se incluso nella gamma degli aspetti (forse troppi) indagati dal romanzo, non regge il confronto con la superba analisi che scaturisce, ad esempio, dalle opere di Jhumpa Lahiri.
TRAMA
Le protagoniste vengono presentate singolarmente nelle prime tre delle cinque parti in cui è suddiviso il romanzo. Sharan è una ragazzina ambiziosa che non esita a soffiare il fidanzato alla sorella pur di lasciarsi alle spalle il povero villaggio di Panjaur, nel nord dell'India, ed emigrare con lui a Vancouver. Sharan è intelligente e tenace, impara in fretta, si adatta al nuovo ambiente e diventa Bibi-ji, la moglie dello stimato, ricco Pa-ji. Un solo cruccio adombra la sua vita dorata: non ha bambini. Leela, figlia di madre tedesca, con i suoi occhi grigi incanta Balu, il rampollo di una delle famiglie più rispettabili di Bangalore. I due si sposano. Leela è appagata. Ma un giorno Balu le comunica la sua decisione di trasferirsi a Vancouver. Per Nimmo la vita a Delhi non è facile: l'attività del marito Satpal stenta a decollare, e far quadrare i conti risulta complicato. Non solo. La donna è angustiata da minacciosi e informi ricordi d'infanzia. Grazie a Leela, Bibi-ji scopre che Nimmo è la figlia di sua sorella, e si reca in India per ricucire i rapporti.
RECENSIONI
India Today:
'Certamente vi sono molti aspetti lodevoli ne Le donne di Panjaur, non ultima la naturale lucidità della narrazione. La storia è ricca di episodi commoventi. Quelli violenti sono raccontati con acuta sensibilità ma con scarsa passione. Il romanzo fallisce per la sua cautela nel prendere il terrorismo per le corna. Malgrado l'intenzione di attribuirne la responsabilità al più grave errore politico di Indira Gandhi, l'Emergenza del 1975, sia intessuta nelle vicende narrate, l'accusa manca di vigore perché troppo semplicistica e troppo banale. Per essere all'altezza della sua nuovissima vocazione, la narrativa indiana postpostcoloniale necessita di teorizzare meno e di trovare nuovi paradigmi per la memoria e per la storia. Purtroppo questo romanzo ci riporta ad una trama di vecchio tipo'.
Brinda Bose, 01.01.2007
Cinema Hindi: ***
Punto di forza: l'attenzione riservata alla storia e alle problematiche della comunità sikh, in India e in Canada.
Punto debole: i personaggi (e le loro vite) sembrano preconfezionati.
SCHEDA DEL ROMANZO
Personaggi:
* Bibi-ji
* Leela - amica di Bibi-ji
* Nimmo - nipote di Bibi-ji
* Pa-ji - marito di Bibi-ji
Autore: Anita Rau Badami (1961, Odisha. Vive in Canada). Altre opere: Il passo dell'eroe e Il gioco del silenzio.
Anno: 2006
Titolo originale: Can you hear the nightbird call?
RASSEGNA STAMPA/VIDEO
* Canadian Living: esaustiva intervista concessa da Anita Rau Badami, 30.09.06
CURIOSITÀ
* Anita Rau Badami, di religione hindu, ha dichiarato di aver assistito di persona ad atti di violenza perpetrati ai danni di appartenenti alla comunità sikh. L'ultimo giorno del suo viaggio di nozze, si scatenò la rabbia degli hindu a seguito dell'omicidio di Indira Gandhi commesso dalla guardia del corpo sikh. Un uomo venne barbaramente ucciso e gettato in un fiume dinanzi all'atterrita scrittrice. Anita ha inoltre dichiarato che un suo conoscente perì nel disastro aereo citato nel romanzo. Ecco spiegata la dedica.
* Anita Rau Badami partecipò nel 2008 a Parolario, a Como (intervista raccolta da Avvenire).
* In Canada gli immigrati provenienti dall'Asia Meridionale sono i più numerosi, e fra loro la comunità punjabi è la più folta (un milione di unità).
* Riferimenti al cinema indiano: Meena Kumari, Dev Anand, Helen.
* Romanzi e film che trattano lo stesso tema: ne L'omonimo di Jhumpa Lahiri l'argomento dell'emigrazione e dello sradicamento è acutamente approfondito; Rohinton Mistry in Un perfetto equilibrio condanna in modo inappellabile le misure antidemocratiche adottate da Indira Gandhi. Quanto alle pellicole, Heaven on Earth è la cruda storia di una donna indiana che emigra in Canada per sposare uno sconosciuto.